Due celebri castiglionesi

Due celebri castiglionesi, di Michelangelo Abatantuono

Cassarini è uno dei cognomi castiglionesi [Castiglione dei Pepoli, BolognaI] più diffusi, ma tra i tanti che lo hanno portato certamente si segnalano i due fratelli Clodoveo e Alessandro, che a cavallo tra Ottocento e Novecento divennero noti a livello nazionale e anche oltre confine.

Clodoveo era proprietario a Bologna di una villa nei pressi di porta Saragozza, dove oggi si trova la Facoltà d’Ingegneria, e fece fortuna grazie alle “polveri e tavolette antiepilettiche” conosciute in tutto il mondo: Repubblica Argentina “Uruguaj”, Stati Uniti, Brasile, Messico, Venezuela, Colombia, Francia, Belgio, Spagna, Svizzera, Grecia, Costantinopoli, Filippopoli, Sofia, Varna, Bucarest, Galatz, Alessandria, Cairo, Palestina, Siria, Tunisia, Marocco, Sudafrica, India, Guatemala, Costa Rica, Bolivia e “Chile”.
I suoi prodotti farmaceutici ricevettero numerosi riconoscimenti e premi anche internazionali in occasione di concorsi ed esposizioni: nel 1884 primo premio a Torino, nel 1885 primo premio al Congresso Medico di Perugia e ad Anversa, nel 1887 primo premio al Congresso Medico di Milano, nel 1888 riconoscimenti a Londra e all’Esposizione Internazionale di Bologna, nel 1890 a Firenze e nel 1903 medaglia dei reali d’Italia e Grand Prix a Parigi.

Cosa curavano effettivamente le polveri del cavalier Cassarini “prescritte dai più illustri clinici del mondo perché rappresentano la cura più razionale e sicura”? È spiegato in un opuscolo dato alle stampe dallo stesso, forse per le ragioni che spiegheremo in seguito: ”queste polveri sono indicate primieramente in una classe di malattie nervose ove troviamo accresciuta l’azione muscolare involontaria; e così tanto nel semplice spasmo... quanto nella convulsione, da qualunque causa dipenda, come nei bambini per febbre eruttiva, durante la dentizione, per verminazioni, ecc.” E poi “dette polveri spiegarono la loro azione anche nel tetano, nell’idrofobia e nella corea... e poiché una dose venefica di stricnina produce gli stessi sintomi di spasmi muscolari del tetano, furono somministrate queste polveri in un caso di avvelenamento del terribile alcaloide e ne fu ottenuto il più completo successo”. “L’altra classe di malattie nervose in cui le polveri antiepilettiche hanno trionfato o almeno arrecato grande sollievo all’umanità sofferente, è la classe estesissima... vale a dire le nevralgie”. E per finire vari tipi di nevrosi, isterismo, nevrastenia... Insomma, una panacea per tutti i mali di origine nervosa.
A un tratto, però, cominciarono i guai per il Cassarini, poiché le autorità mediche subordinarono la vendita dei suoi preparati alla concessione di una specifica licenza. Ma nel 1889 questa non poteva essere concessa poichè mancava l’indicazione della composizione della medicina, informazioni che il cavaliere non voleva rivelare in quanto coperta da segreto, diremmo oggi, industriale.
L’anno successivo il Ministero dell’Interno - Direzione della Sanità Pubblica rispose al prefetto di Bologna, interessato della questione: considerato che la medicina del Cassarini “consta di rimedi noti, non approva come rimedio segreto la specialità denominata «polveri antiepilettiche». Per effetto di questo parere, la S.V. [il prefetto] si limiterà ad invigilare che lo smercio di tale preparazione sia fatto soltanto a condizione 1. che la composizione... sia scritta sulla etichetta e negli annunzi al pubblico, 2. che non si attribuisca nessuna virtù o indicazione terapeutica speciale, 3. che la vendita sia fatta soltanto dai farmacisti con le norme che la legge e il regolamento sulla tutela dell’igiene e della Sanità pubblica prescrivono”.
Ciononostante il Cassarini continuò con le solite modalità e così due agenti municipali elevarono una contravvenzione, contro la quale il Cassarini fece ricorso, iniziando una lunga battaglia legale. Questi continuava a spacciare rimedi noti per segreti, millantando anche un’inesistente approvazione del Consiglio Superiore di Sanità, vedendosi comminata nel marzo 1891 un’altra contravvenzione poiché “è manifesto in esso l’animo di ribellarsi alle disposizioni vigenti”.
La questione dovette temporaneamente concludersi con il ritiro dal commercio delle “pregiate” polveri, come è testimoniato a Porretta il 7 giugno 1891. L’ufficiale sanitario del Comune di Bagni della Porretta scrisse al Medico provinciale: “feci togliere l’avviso sulle polveri dalla farmacia; e poiché il signor Lorenzini Demetrio, di quelle polveri ne aveva solo un pacchetto, me lo feci consegnare... non ne aveva altri; e se ne avesse avuti, li avrebbe respinti”.
Pare insomma d’intendere che in quegli anni le autorità sanitarie provinciali cominciarono a fare battaglia ad un lungo elenco di rimedi poco scientifici, basati perlopiù su rimedi poco efficaci e nomi altisonanti. Simile sorte a Bologna toccò alle pasticche angeliche del ternano Attilio Cerafogli, alla pomata americana D’Avoglio, ai curiosi preparati dell’assistente farmacista Alfonso Mandrioli: pastiglie balsamiche, vino americano, profumo di carta balsamica, balsamo di Santa Maddalena, elixir antiepilettico, purga del sangue, polveri per malattie di cuore, decotto febbrifugo...

Fratello di Clodoveo fu Alessandro, valente fotografo negli anni in cui la fotografia non era ancora fenomeno di massa. Sua caratteritsica peculiare fu quella di abile promotore di se stesso (marketing, diremmo oggi) presso nobili italiani e stranieri e gli stessi reali d’Italia, ai quali regalò più volte le sue migliori produzioni.
Nato a Castiglione del 1847 da Antonio e Gaetana Bettini, visse però a Bologna, impiegato presso la cancelleria del Tribunale. Entrato a far parte della locale sezione del Club alpino Italiano, le sue prime esperienze fotografiche sono legate alle escursioni, alcune delle quali nel nostro Appennino, ma anche sulle Alpi e sulle Dolomiti, montagne e vette presso cui spesso ritornava, in compagnia della moglie Virginia Pallotti.
Dagli anni Novanta dell’Ottocento e fino agli ultimi mesi della sua vita (morì a 82 anni nel 1929 a seguito di un incidente automobilistico) non perse occasione per far conoscere la sua produzione fotografica, tra cui spiccano decine di scatti raccolti nel catalogo Castelli, rocche e Roccie storiche. Vedute dell’Appennino e paesaggi del Cadore e de’ Monti bellunesi. Chi lo desiderava poteva poi acquistare le relative stampe di grande formato. 
Nel 1891 donò all’arciduchessa Stefania d’Asburgo un album di fotografie che la ritraevano al suo arrivo a San Martino di Castrozza. In quegli anni il fotografo espose a Torino, Bologna, Palermo, Repubblica di San Marino, Roma. Verso la fine del secolo fotografò i regnanti d’Italia in visita a Bologna e il relativo album venne loro donato dall’Amministrazione Provinciale. Alla regina Margherita il Cassarini donò anche una raccolta completa in tre album delle foto dei castelli e delle roccie storiche oggi conservato presso la Biblioteca Reale di Torino.
Col nuovo secolo continuò l’attività, appoggiandosi dal 1919 presso lo studio sel suo assistente Giovanni Castelli, fotografando a Bologna, Ferrara, Pomposa, ricevendo nel 1924 da Mussolini la Commenda della Corona d’Italia.
Ottemperando alle ultime volontà, alla morte venne creato, l’Istituto Pro Domo Miserorum, col fine di costruire abitazioni per famiglie miserabili, a ricordo della moglie, del fratello Colodoveo e suo.